Birre in cucina

  • Bretzel & Weizen: ora si può festeggiare l’Oktoberfest!

    Ormai considerata un evento mondiale, con oltre 200 anni alle spalle, l’Oktoberfest è la festa birraia per eccellenza, famosa e rinomata in tutto il mondo per la quantità di birra bevuta (circa 7,5 milioni di birra ogni anno) e i milioni di persone che raggiungono Monaco di Baviera per partecipare.

    Purtroppo, a detta di molti, la qualità della festa e della birra bevuta negli anni è peggiorata drasticamente, rendendola un puro parco giochi a tema dove si beve birra di poco valore.

    Ma come è nata questa famosissima festa popolare tedesca? 

    Le sue origini vanno ricercate nel lontano 1810, quando il principe bavarese Ludwig prese in moglie la principessa sassone Therese. In tale occasione le nozze vennero festeggiate con la partecipazione di tutti i cittadini di Monaco in un prato situato presso la periferia della città (poco distante da Marienplatz). 

    La celebrazione durò per 5 giorni e al termine, visto il notevole apprezzamento, la popolazione decise di ripetere una rievocazione simile l’anno successivo.

    Nel 1818 fecero la prima apparizione le giostre del famoso Luna Park e a partire dal 1896, vista la fama e la portata dell’evento, i principali produttori di birra iniziarono ad installare i propri padiglioni.

    Divenne quindi una tradizione, diventando quella che oggi chiamiamo Oktoberfest.

    Il birrificio

    Scegliere una solo birra che rappresenti lo spirito bavarese risulta pressoché impossibile.

    Pertanto abbiamo scelto uno dei nostri birrifici tedeschi preferiti: Schneider-Weisse    

    Questo birrificio, nome originale “G. Schneider & Sohn”, viene fondato da Georg Schneider I e da suo figlio Georg Schneider II nel lontano 1872, dopo aver acquistato la Weisses Brauhaus di Monaco di Baviera. Fino quel momento, la famiglia del Re Bavarese era l’unica ad avere il permesso di produrre la birra Weizen nelle proprie birrerie ma, proprio nel 1872, periodo i cui quella tipologia di birra non era particolarmente apprezzata, il Re Ludwig II decise di vendere il diritto esclusivo di produzione, che venne quindi acquisito da Georg Schneider I e da suo figlio Georg Schneider II. 

    I proprietari sono sempre stati dei discendenti di Georg Schneider I e ad oggi, a distanza di oltre un secolo, il birrificio Schneider produce solo birre di frumento, rispettando le ricette originali che ha conservato con passione. 

    Si può affermare senza ombra di dubbio che la famiglia Schneider ha salvato le Weizen dall’estinzione. 

    La birra

    “Festweisse” è la ricetta ideata dal birrificio in occasione della festa più famosa e popolare della Baviera: l’Oktoberfest!

    Questa birra di frumento unisce i sentori tipici delle weizen bavaresi con la semplicità delle più beverine “festbier”. 

    Ne risulta una bevuta freschissima, con una nota agrumata decisa donata dal luppolo Cascade e una nota fruttata grazie al lievito Schneider.

    Freschezza e bevibilità, perfetto accompagnamento per qualcosa di semplice ma originale.

    Avete qualche idea? 

    Immancabile in ogni Oktoberfest che si rispetti, simbolo e pezzo di storia. Il bretzel!

    La ricetta

    Difficoltà: Media

    Dosi per 5 bretzel

    Ingredienti:

    • Farina 00 340 g
    • Sale fino q.b.
    • Burro 20 g
    • Acqua 200 g
    • Lievito di birra secco 3 g
    • Fiocchi di sale (o sale grosso) q.b.
    • Bicarbonato 35 g
    • Acqua 2 lt

    Per preparare i bretzel versate la farina setacciata all’interno di una planetaria munita di gancio. Unite anche il lievito disidratato e il burro a temperatura ambiente.

    Cominciate a lavorare l’impasto, azionando il gancio a bassa velocità, e unite a filo l’acqua a temperatura ambiente. Terminato di inserire l’acqua, lasciate lavorare ancora pochi minuti fino ad ottenere un impasto compatto. Aggiungete quindi il sale e lavorate ancora per qualche minuto a velocità media sino a che l’impasto non sarà ben incordato.

    Trasferitelo sul piano da lavoro e con le mani formate un filone. Tagliate dei pezzi da 100 g,

    ne otterrete 5. Prendete il primo pezzo e formate un cordoncino lungo circa 50 cm, assottigliando di più le estremità. Piegate le due estremità verso il basso.

    Date poi al cordoncino la tipica forma “a nodo lento”. Incrociate le due estremità e ribaltatele verso l’interno. Pizzicate poi la pasta per unirla al cordoncino centrale.  

    Disponete su un vassoio ben infarinato e proseguite in questo modo fino a formarli tutti. Lasciate lievitare per 30 minuti, poi riponete in frigo per un’ora. Quando l’ora sarà quasi trascorsa mettete a bollire l’acqua, e quando avrà raggiunto il bollore, aggiungete il bicarbonato.

    Aiutandovi con una schiumarola, trasferite il primo bretzel nell’acqua bollente, aspettate circa 30-40 secondi fino a che non saranno lucidi. Poi scolateli bene e trasferiteli su una teglia con carta forno.

    Incidete i bretzel nella parte inferiore, quella più cicciotta facendo un taglio lungo. Cospargete con i fiocchi di sale e cuocete in forno statico preriscaldato a 220° per 20 minuti. Quando saranno ben dorati sfornateli e serviteli.

  • L’incontro dei frutti di bosco: appuntamento su di una cheesecake!

    Torniamo a preparare una cheesecake, ispirati questa volta da un nuovo birrificio ed una sua creazione piena di frutti…. frutti di bosco!

    La storia

    Se pensiamo alla cheesecake, ci saltano subito alla mente gli Stati Uniti d’America. 

    In realtà l’origine della cheesecake è più antica di quanto si possa pensare…

    La prima volta in cui si parla di una “torta al formaggio” risale all’antica Grecia, nel 776 a.c.; questo dolce infatti veniva servito agli atleti come energetico, per dargli forza e prepararli alle gare.

    I greci tramandarono la ricetta ai romani che grazie alla diffusione del loro impero la fecero conoscere in tutta Europa.

    Negli anni più recenti furono poi gli emigranti in cerca di fortuna ad esportarla nel nuovo continente.

    La forma più recente della cheesecake però la dobbiamo all’imprenditore americano James Lewis Kraft che nel tentativo di ricreare un formaggio francese, il Neufchatel, inventò un formaggio fresco che chiamò Philadelphia.

    Da allora la ricetta ufficiale della NY cheesecake prevede l’uso del Philadelphia, anche se centinaia di varianti hanno dato vita a versioni più o meno classiche di questa torta senza tempo.

    Dalla frutta alle creme, dal dolce al salato, vi è l’imbarazzo della scelta: potete sbizzarrirvi!

    La torta

    Se spesso l’accompagnamento nasce dall’idea di trovare una birra che renda onore al un piatto, in questo caso ci siamo lasciati ispirare esattamente dal contrario.

    Per accompagnare questa birra (scoprirete di più nei prossimi paragrafi) abbiamo scelto di preparare una cheesecake deliziosa, un grande classico: la cheesecake ai frutti di bosco.

    La torta è molto golosa, perfetta come fine pasto o per una merenda piena di gusto (e calorie!)

    A dare contrasto la base di biscotti integrali, per dare una sensazione consistente ma comunque dolce in bocca.

    L’aspetto è notevolmente invitante: la gelatina e i frutti di bosco decorativi rendono l’aspetto della torta perfetto per una presentazione. Con una copertura così, non sfigurate se la presentate ai vostri cari!

    Al taglio troviamo ben separati i tre strati, che in bocca si uniscono in un connubio perfetto.

    Se la torta tradizionale prevede un procedimento lungo e cottura in forno, qui vi spiegheremo come preparare una versione senza necessità di cottura. 

    Non spaventatevi per le varie preparazioni, seguendo passo a passo la ricetta ci riuscirete!

    La birra

    Fermenterarna è un nuovo birrificio svedese, di Goteborg, conosciuto da pochissimo grazie all’acquisto nello shop online di J & B Craft Ales (Amsterdam), anch’esso una nuova scoperta!

    Una grande varietà contraddistingue questo birrificio, che difficilmente riusciamo inquadrare in un’unica specialità. Un aggettivo per descriverli? Estremi!

    Oltre a grandi produzioni luppolate, dove i luppoli vengono aggiunti con estrema generosità (per usare un eufemismo!), troviamo sour beers molto spinte, dove la frutta è protagonista indiscussa.

    Ed è proprio tramite questo stile che li abbiamo conosciuti.

    La birra interessata è la “Passion for Berries”, una Fruited Sour Ale da 4,5% con frutto della passione, lampone, ribes nero, sale e vaniglia.

    Un’esplosione di sapori: la frutta è presente al naso ed al palato, il gusto ne è esaltato dalla sapidità ed acidità estrema di questa birra. Si, l’acidità è davvero estrema!

    A nostro avviso, una birra difficile da bere in solitaria senza accompagnarla con qualche piatto…. anche per questo abbiamo deciso di abbinarla alla cheesecake!

    E l’incontro dei due elementi si è dimostrato ideale per esaltare entrambi….

    L’abbinamento

    Ovviamente la nostra scelta è ricaduta sulla Passion for Berries per un elemento in comune con la nostra cheesecake: i frutti di bosco.

    In entrambe le creazioni il gusto dei frutti di bosco è presente, a tratti invadente, forte e deciso.

    La cheesecake e la birra, prese singolarmente, possono stancare alla lunga.

    Ma la loro unione ha permesso ad entrambe di esaltare il meglio di loro stesse, ritrovando il giusto equilibrio.

    Un ottimo incontro… Che ne dite di provarlo anche voi?! 

    Provate anche voi questo abbinamento e taggateci su Instagram @theluppoloexplorer

    Di seguito trovate la ricetta!

    La ricetta

    Difficoltà: Media

    Dosi per 6 persone

    Ingredienti:

    • 500 g di ricotta
    • 250 g formaggio fresco spalmabile
    • 200 g di biscotti integrali
    • 100 g panna fresca liquida
    • 150 g di zucchero a velo
    • 100 g di burro
    • 100 ml di panna da montare
    • 3 fogli di gelatina (10 g totali)
    • 35 g amido di mais
    • Succo di limone
    • 300 g frutti di bosco misti (ribes nero, more, lamponi, fragoline)
    1. Per realizzare la cheesecake ai frutti di bosco, iniziate predisponendo la base del dolce:
      fondete il burro in un pentolino a fuoco molto basso, quindi spegnete e fate intiepidire.
      Nel frattempo versate i biscotti nel mixer e azionatelo fino a sminuzzarli completamente in modo da ridurle ad una polvere.
    2. Trasferite il composto in una ciotola, aggiungete il burro fuso e leggermente intiepidito, amalgamate il composto mescolando con un cucchiaio, poi prendete uno stampo a cerniera del diametro di 20 cm, imburrate e foderate con carta da forno, versate qui i biscotti e con l’aiuto di un cucchiaio, premete bene il composto sul fondo dello stampo in modo da ottenere una base compatta e liscia.
    3. Ponete a rassodare in frigorifero per almeno mezz’ora in modo che la base diventi solida.
      Nel frattempo occupatevi del ripieno: mettete poi in ammollo la gelatina in una ciotola capiente con acqua fredda per circa 10 minuti, finché non diventerà morbida (servirà per rassodare la crema). Spremete il succo di limone e filtratelo.
      Lavate e tamponate i frutti di bosco, versateli in una padella capiente,
      poi aggiungete il succo di limone.
      Quindi versate anche lo zucchero a velo, mescolate e lasciate cuocere a fiamma dolce per circa 5 minuti, mescolando di tanto in tanto. Trascorso il tempo di cottura della frutta, spegnete e trasferite i frutti di bosco in un colino per farli raffreddare e raccogliete il succo con una ciotolina posta sotto il colino.
      I frutti di bosco vi serviranno per decorare, mentre il succo da tenere da parte vi servirà per realizzare la copertura glassata.
    4. A questo punto, in un pentolino scaldate la panna liquida, poi scolate e strizzate bene la gelatina che dovrete far sciogliere nella panna scaldata.
      Mescolate con la frusta per scioglierla completamente. Lasciate raffreddare.
    5. Nel frattempo setacciate la ricotta con un colino e raccoglietela in una ciotola, se la ricotta dovesse avere molto siero, si consiglia di lasciarla scolare in un colino per 1-2 ore.
    6. Aggiungete il formaggio fresco spalmabile, la scorza grattugiata di un limone e lo zucchero a velo, mescolate con una spatola o una frusta per amalgamare la crema e versate anche la panna (in cui avete sciolto la gelatina) ormai tiepida; mescolate per amalgamarlo in maniera omogenea.
    7. A questo punto recuperate lo stampo dal frigo, la base si sarà rassodata nel frattempo.
      Versate al suo interno il composto cremoso sulla base di biscotti.
      Livellate la superficie con una spatola, poi farcite con i frutti di bosco che avete lasciato a scolare.
      Proseguite ricoprendo lo strato di frutta con la restante crema, pareggiate la superficie con una spatola e ponetela in frigorifero a rassodare per 2 ore.
      Una volta che la cheesecake sarà ben fredda, preparate la copertura: versate il succo dei frutti di bosco, che avete conservato, in un pentolino, aggiungete l’amido di mais.
    8. Mescolate con la frusta per evitare la formazione di grumi, portate sul fuoco il pentolino e fate addensare lentamente a fuoco basso per 5 minuti circa, dopodichè lasciate intiepidire mescolando spesso.
    9. A questo punto riprendete la vostra cheesecake dal frigorifero, versate sopra la salsa di frutti di bosco, con una spatola livellate per uniformare la superficie.
    10. Riponete nuovamente in frigorifero per fare rassodare la ricopertura per almeno 1 ora. Una volta che si sarà ben rassodata, guarnitela con i frutti di bosco

    La vostra cheesecake ai frutti di bosco è pronta per essere gustata!

    Con il giusto abbinamento birroso, ovviamente…

  • Cinnamon Rolls e NerdBrewing: abbinamento non adatto ai deboli di cuore!

    Il primo incontro con loro avvenne in un pomeriggio piovoso ad Amsterdam nel lontano 2016.

    Affamati e ingolositi dal loro aspetto, provammo questi dolci per la prima volta: fu amore al primo morso.

    Dopo averli provati in vari paesi del mondo, tra cui Belgio, Francia e soprattutto Stati Uniti, torniamo a mangiarli e per la prima volta a farli con le nostre mani.

    Stiamo parlando di sua maestà, il Cinnamon Roll!

    Questo dolce dalle origini scandinave, è ormai diffuso in tutto il mondo, alla conquista dei palati più golosi!

    E se parliamo di scandinavia, abbiamo l’imbarazzo della scelta sull’abbinamento. In questo caso, con la A maiuscola!

    La storia

    Sono tanti i paesi che si contendono la possibile paternità di questo pane dolce: l’Inghilterra, la Germania, l’Olanda, gli USA, l’Ungheria e la Danimarca….

    Ma un paese su tutti sembra essere la nazione madre di questa ricetta: la Svezia.

    Quando è stato cotto il primo Cinnamon Roll? Si pensa che il Kanelbullar – girella o focaccia alla cannella in svedese – fosse prodotta con la cannella proveniente dallo Sri Lanka oltre 2000 anni fa, grazie agli antichi romani responsabili della diffusione della spezia, avendola usata per per accentuare i profumi di incenso e vino.

    Verso la metà del 1700, i fornai del Nord Europa iniziarono a produrre impasti lievitati ricchissimi di burro. I francesi li modellarono in focacce, seguiti dagli olandesi che friggevano in olio. 

    In questo periodo, gli inglesi inventarono il Chelsea Bun, un panino al ribes; mentre i tedeschi svilupparono lo Schnecken, un panino arrotolato con zucchero e ribes. 

    Questi “panini” gettarono le basi affinché gli svedesi aggiungessero la cannella creando i primissimi involtini o girelle, conosciuti oggi come “Cinnamon Rolls”.

    Non si possono non citare, come spesso accade, gli USA.

    Patria acquisita di questo dolce, deve nell’utilizzo di burro, cannella e zucchero in quantità copiose la fama oltreoceano.

    Non è difficile imbattersi in questo dolce nelle caffetterie statunitensi, dove lo abbiamo provato varie volte. Proprio per questo, abbiamo dato alLa nostra versione un tocco in più molto american style.

    La birra

    Il birrificio “Nerdbrewing” nasce a Malmö (Svezia) nel 2015, dalla passione di Hannes Gruber e Karin Carlsson. Dopo molti anni da homebrewer di successo e dopo aver vinto parecchie medaglie in diverse competizioni, Hannes decide di avviare un birrificio, inizialmente come gipsy brewery e successivamente, assieme a Lilla Ölfabriken e Chad Beer, un birrificio stabile sulla Norbergsgatan a Malmö.

    L’obiettivo è quello di aumentare la produzione e raggiungere un pubblico più ampio, obiettivo che in brevissimo tempo riescono ad ottenere.

    Il nome del birrificio stesso, oltre che i nomi delle birre derivano tutti dal background di Hannes, precedentemente un programmatore informatico e sviluppatore di software. 

    Poiché la condivisione è importantissima, Nerdbrewing ha portato l’open source dal mondo del software nel mondo della birra e le ricette sono rese gratuitamente per qualsiasi homebrewer! 

    Tanto di cappello! 

    In quali stili è specializzato Nerdbrewing?

    La barricate sono il loro forte, dalle Pastry Imperial Stout alle Barley Wine, con una miriade di ingredienti aggiunti che le rendono speciali e dai gusti nuovi ed intriganti.

    La nostra scelta, la “List of index out of bounds: Mole Edition” (da programmatore informatico come Hannes, mi piace!) è una Pastry Vanilla Imperial Stout barricata in botti di quercia, con aggiunta di fave di cacao, cannella (!) e il Melatonin Chilli, un peperoncino messicano…. 11,5% di puro godimento!

    Dopo averla vista sullo shop online di Beerdome, con questa descrizione, non abbiamo potuto non acquistarla.

    Avete letto bene gli ingredienti della ricetta? E quelli della birra? Notate similitudini?

    Continuate a leggere!

    Il piatto e l’abbinamento

    Da questa ricetta nata per caso, per una dolce voglia domenicale, abbiamo ottenuto uno dei nei nostri migliori abbinamenti.

    Una delle caratteristiche principali dei cinnamon rolls è la dolcezza: la cannella è la protagonista della scena, a seguire la vaniglia e per finire lo zucchero, rendendo molto appetitoso il boccone. Se siete amanti dei dolci, difficilmente riuscirete a fermarvi!

    Il nostro pensiero è caduto subito sulla “List of index out of bounds” di Nerdbrewing, essendo una Pastry Imperial Stout in cui abbiamo trovato l’abbinamento perfetto.

    La cannella, padrona indiscussa dei cinnamon rolls, nella birra è presente e si sente, ma è equilibrata e non troppo invadente (come accade in altre birre del genere).

    La vaniglia, presente in entrambe le produzioni, dona una piacevole dolcezza, mai stomachevole.

    A completare l’opera, una ciliegina sulla torta: il peperoncino messicano Melatonin Chilli.

    Ritrovare una nota piccante in una birra così complessa ed importante ci è piaciuto molto, visto che dona ad essa una spinta in più (anche se non ne aveva bisogno) e risveglia il palato facendo esplodere i sapori.

    Il passaggio in botte, la consistenza liquorosa e l’importanza alcolica completano l’opera.

    Non ce la siamo sentita di contrastare questo festival della dolcezza con una birra diversa, ma abbiamo preferito assecondarlo e godere di un’esperienza golosa a 360 gradi!

    Potete biasimarci?!

    Seguite la ricetta e provate anche voi, non ve ne pentirete…. attenzione, sarà difficile fare a meno di questa coppia!

    Di seguito trovate la ricetta!

    La ricetta

    Difficoltà: Media/Difficile

    Dosi per 12 Cinnamon Rolls c.a.

    Ingredienti:

    Per l’impasto:
    • 125 gr latte tiepido
    • 15 gr lievito fresco
    • 300 gr farina 00
    • 50 gr zucchero bianco
    • 40 gr burro sciolto
    • Mezzo cucchiaino estratto di vaniglia
    • 1 uovo
    Per la farcitura:
    • 50 gr burro temperatura ambiente
    • 80 gr zucchero integrale
    • 3 cucchiai cannella
    • 1 cucchiaino estratto vaniglia
    • 50 gr noci spezzettate
    Per la glassa:
    • 30 gr formaggio spalmabile (Philadelphia)
    • 70 gr zucchero a velo
    • Mezzo cucchiaino estratto di vaniglia

    Per preparare i cinnamon rolls cominciate facendo sciogliere il burro a fuoco dolce e lasciandolo poi intiepidire una volta pronto. 

    Versate quindi in una ciotola tutti gli ingredienti secchi, quindi la farina e lo zucchero, il lievito fresco sbriciolato direttamente in ciotola e un pizzico di sale, quindi mescolate.                                           

    Fate lo stesso con gli ingredienti liquidi. 

    In una ciotola versate il latte tiepido, l’uovo leggermente sbattuto, l’estratto di vaniglia e il burro fuso e che avrete lasciato intiepidire. Mescolate il tutto e quindi unite gli ingredienti liquidi a quelli secchi.

    Aiutandovi con il cucchiaio, mescolate fino ad ottenere un composto amalgamato. Trasferitelo sul piano da lavoro ed impastate a mano fino ad ottenere una sfera liscia ed omogenea.                                    

    Ungete con del burro una bacinella e riponete l’impasto al suo interno, coprite con pellicola trasparente e lasciate lievitare per almeno 30 minuti ad una temperatura tra i 20° e i 25°.                                                   

    Passate alla preparazione del mix per la farcitura. 

    In una ciotola versate lo zucchero e la cannella in polvere, mescolate per bene e tenetelo da parte.

    Riprendete l’impasto lievitato e sgonfiatelo su una spianatoia leggermente infarinata con l’aiuto di un mattarello. Ottenete un rettangolo.                                               

    Aggiungete il burro fuso al composto zucchero-cannello e distribuitelo sulla pasta stesa, avendo cura di distribuirlo su tutta la superficie uniformemente.

    Arrivati a questo punto dovrete procedere ad arrotolare l’impasto. Cominciate sollevando delicatamente il lembo inferiore lungo tutto il lato più lungo, in questo modo vi aiuterete a staccarlo dalla spianatoi. Dopodiché procedete ad arrotolare un po’ alla volta e facendo attenzione ad arrotolare strettamente e senza schiacciare l’impasto. Ottenuto il rotolo dovrete modellarlo con le mani in modo da ottenere una lunghezza adeguata, perciò tenete ferma un’estremità con la mano e con l’altra fate delle leggere pressioni verso l’estremità che state bloccando, per dare una forma omogenea.                       

    Con una lama affilata dividete a metà il rotolo, dividete una delle metà ancora a metà e da ciascuna suddivisione dovrete ottenere dei dischi delle stesse dimensioni. 

    Otterrete con queste dosi 12 rotelle circa; potete modellarle leggermente con le mani per arrotondare la forma.                                       

    Ungete una teglia rettangolare, sistemate i rotolini nella teglia tutti nello stesso verso distanziandoli tra loro 1 cm circa. Una volta disposti tutti i pezzi schiacciate delicatamente con le dita per rendere omogenea la forma di ogni rotolino.

    Coprite con pellicola trasparente lasciando lievitare per altri 30 minuti almeno. Trascorso il tempo le girelle saranno raddoppiate, quindi passate alla cottura. I cinnamon rolls cuociono in forno preriscaldato, in modalità statica, a 180° per circa 30 minuti.                                                                

    Per preparare la glassa versate lo zucchero a velo in un recipiente, unite il formaggio spalmabile, l’estratto di vaniglia e unite un po’ di latte per allungare la glassa, fino ad ottenere una consistenza vischiosa. Per finire cospargete i vostri cinnamon rolls con la glassa prima di gustarli! 

    Vi consigliamo di farlo ancora caldi! 

  • Festeggiare la Pasqua in Scozia: uova alla scozzese e Loch Lomond, l’aperitivo è servito!

    Il detto più famoso pensando a questa festività è sicuramente “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi!”, ma quest’anno più che mai per milioni di persone non sarà possibile festeggiare la Pasqua con i propri familiari ed amici.

    Per chi come noi, che oltre a festeggiare in famiglia approfittava di questa festa per scappare in viaggio in qualche meta europea, dovrà accontentarsi di viaggiare soltanto con la fantasia…. e qualche ottima ricetta tipica!

    The Luppolo Explorer, in collaborazione con “Cantina della Birra”, vi porta nella magnifica Scozia!

    Purtroppo non visiteremo dei tenebrosi castelli, non guarderemo il tramonto dalle scogliere a picco o cercheremo Nessie nel famoso lago di Loch Ness.

    Proveremo a portarvi per qualche istante nell’aria di festa scozzese, con un piatto tipico della cultura pasquale del paese.

    Ad accompagnare, una birra “Made in Scotland” di un birrificio che si è fatto conoscere negli ultimi anni nel panorama brassicolo europeo.

    La storia

    Esistono diverse teorie sulle origini e l’etimologia delle uova alla scozzese.

    Tuttavia, questa ricetta sarebbe stata inventata in Inghilterra e non in Scozia, a dispetto del suo nome. Alcune fonti storiche indicano che le uova alla scozzese sono state inventate nel grande magazzino londinese di Fortnum & Mason nel 1738, altre che sarebbero nate a Whitby, nello Yorkshire, durante il diciannovesimo secolo, e che fossero originariamente ricoperte di pasta di pesce piuttosto che di carne di maiale.

    Ma da dove deriva questo nome, se non sono nate in Scozia?

    Il loro nome proverrebbe da William J. Scott & Sons, un noto ristorante di Whitby per l’appunto che ne fece un piatto gettonatissimo della propria cucina.

    Oggi le uova alla scozzese sono divenute uno spuntino comune nel Regno Unito e quindi anche della sopracitata Scozia, dove vengono vendute in molti negozi e supermercati in diverse varianti e dove vengono servite in molti pub.

    Fra queste si può citare la versione di Manchester, un uovo in salamoia avvolto in una miscela di carne di maiale e black pudding oppure le uova di Worcester, che vengono imbevute nella salsa Worcestershire.

    La birra

    Nato nel 2011 sulle rive del Loch Lomond, l’omonimo lago a nord di Glasgow, questo birrificio è frutto del sogno di Euan and Fiona Maceachern.

    Il loro obiettivo era creare un birrificio a conduzione familiare, dove l’intera famiglia potesse lavorare assieme per creare qualcosa di unico ed artigianale.

    Dopo aver prodotto una serie di birre pluripremiate in premi prestigiosi come il il SIBA Supreme Cask Champion of the UK nel 2016 ed il CAMRA Champion Beer of Scotland nel 2017, nel 2018 cambiano il marchio ed iniziano la loro conquista, esportando le loro birre in tutta Europa.

    Un core range affermato, qualche produzione speciale e continui esperimenti permettono a Loch Lomond di essere un birrificio in forte ascesa ed in continuo miglioramento.

    Lost in Mosaic, la nostra scelta, è una birra in stile IPA da appena 5% che vede utilizzati i luppoli Citra e per l’appunto Mosaic.

    Caratterizzata da note fresche e fruttate, questa IPA risulta essere molto beverina con un amaro deciso ma ben bilanciato.

    A nostro avviso può essere considerata tranquillamente una NEIPA con amaro più spinto, visto il profilo hazy; a padroneggiare la bevuta troviamo note tropicali (ananas, melone) ed agrumate, rendendo la bevuta leggera e fresca, ma con carattere.

    La gradazione praticamente assente la rende perfetta per chi non vuole rinunciare al gusto deciso di un’ottima NEIPA senza risultar essere troppo pesante.

    Perfetta per un aperitivo speciale….

    Il piatto e l’abbinamento

    Come abbiamo già detto prima, le Uova alla scozzese sono un piatto perfetto da aperitivo, ma non sottovalutatele.

    Come potete vedere dalle foto, le dimensioni e la sostanza rendono queste uova impegnative…. un’aperitivo da campioni!

    In questo piatto troviamo il gusto deciso della carne di maiale e dell’uovo, due sapori molto forti che uniti possono rendere il boccone grasso ed a tratti pesante.

    Per questo abbiamo bisogno di una birra che alleggerisca il palato e contrasti i sostanziosi bocconi di queste “maxi polpette”.

    Le note agrumate, l’altissima bevibilità e l’amaro deciso rendono Lost in Mosaic di Loch Lomond la birra perfetta per accompagnare questo piatto.

    La bevuta ripulisce la bocca e l’amaro la alleggerisce, invitando i successivi bocconi.

    L’abbinata Uova alla scozzese / Birra scozzese mette la ciliegina sulla torta su questo sposalizio pasquale.

    Di seguito trovate la ricetta!

    La ricetta

    Difficoltà: Facile

    Ingredienti (per 5 uova)
    • 5 uova
    • 400g di carne di maiale tritata
    • Sale
    • Pepe
    • Farina 00
    • Pangrattato
    • Olio di semi di arachide (per friggere)
    • 1 uovo (per la panatura)
    • Paprika dolce
    • Prezzemolo
    • Cipolla

    Procedimento:

    Per iniziare cucinate le uova sode. Mettete le uova in una pentola coperte di acqua fredda e portate ad ebolizione. Fate bollire le uova per 7 minuti circa, poi toglietele dal fuoco e passatele sotto all’acqua fredda per bloccarne la cottura.

    Una volta che le uova sode saranno fredde, sgusciatele delicatamente avendo premura di lasciarle intere.

    Mettete in una ciotola la carne di maiale tritata, unite il sale, pepe, la cipolla, il prezzemolo e mescolate con le mani.

    Infarinate bene le uova, create con l’impasto di carne un involucro esterno intorno alle uova sode e compattate bene con le mani a formare una polpetta.

    Passate la polpetta di carne (con l’uovo al suo interno) nell’uovo sbattuto e poi nel pangrattato in modo che si attacchi perfettamente la panatura.

    Fate scaldare abbondante olio di semi di arachidi e, quando sarà ben caldo, mettete a friggere una o due uova alla scozzese alla volta in modo da non abbassare eccessivamente la temperatura dell’olio.

    Fate friggere le uova alla scozzese per 10 minuti fino a che saranno ben dorate in superficie.

    In una Pasqua anomala, lasciate spazio alle novità, mettetevi ai fornelli e viaggiate con la fantasia. Sarete in Scozia in un lampo… almeno per il tempo di un aperitivo!

    Buona Pasqua!

  • Un San Valentino più dolce che mai: Red Velvet e Bloody Mario, l’amore trionfa!

    Per i più cinici è soltanto una festa commerciale. Per i più romantici è un’occasione per dimostrare il proprio amore alla persona amata.

    Per noi è un’altra occasione per festeggiare in modo speciale, con un abbinamento speciale!

    Volete prendere per la gola la vostra dolce metà? The Luppolo Explorer ha la ricetta giusta per voi!

    In collaborazione con “Cantina della Birra”, siamo volati negli USA, patria delle Crazy Cakes, per preparare uno dei grandi classici della pasticceria americana: la Red Velvet Cake.

    Sarà il suo colore, la sua golosità o l’atmosfera della festa… ma qui Cupido ha fatto centro!

    Ad accompagnare, una “rossa” creazione birraia tutta made in Italy, che lasciamo a voi scoprire….!

    La storia

    Moltissime sono le storie narrate sulla sua origine, molto spesso prive di qualsiasi fondamento storico. Nessuno sa esattamente quando la Red Velvet Cake abbia avuto origine. Negli USA, paese di nascita, si sostiene che la ricetta abbia cominciato a circolare negli anni ’20.

    E’ certo che la Red Velvet ha il suo momento di maggiore diffusione negli anni ’60, quando esplode la moda delle crazy cakes.

    Jan Harold Brunvand, in The Vanishing Hitchhiker, libro sulle leggende metropolitane americane, scrive di una donna che distribuiva cartoncini con la ricetta della Red Velvet Cake su un autobus a San Jose, cittadina a sud di San Francisco.

    La signora aveva cenato nel lussuoso ristorante Waldorf-Ast di New York: lì aveva conosciuto e apprezzato la delicatezza della Red Velvet Cake e, incuriosita, scrisse al ristorante per avere la ricetta. Lo chef, con quanto richiesto, inviò anche un conto di 350 dollari! Consultato un avvocato, la signora pagò, ma per vendicarsi iniziò a distribuire gratuitamente la ricetta a più persone possibili. Per questo la Red Velvet è anche conosciuta come Waldorf-Astoria Cake.

    Per altri appassionati di storia alimentare, la Red velvet Cake è stata inventata durante il periodo della Grande Depressione americana. Si risparmiava su tutto – anche su decorazioni, zucchero e aromi.

    John Adams, titolare di una azienda  di coloranti alimentari, mise in vendita un mix speciale per confezionare la Adams Red Velvet Cake. Adams, per incentivare le vendite, iniziò a distribuire nelle drogherie del Sud e del Midwest cartelloni pubblicitari della Adams Extract Company e ad ogni acquirente regalava la “ricetta segreta” per poter realizzare una torta che fosse l’unione tra la Adams Best Vanilla e la Adams Butter Flavor, due classici della cucina americana.

    La birra

    Il Birrificio Retorto nasce a Podenzano (Piacenza) dall’idea di Marcello Ceresa, che nel 2011 fonda, insieme ai fratelli Monica e Davide, questo birrificio artigianale. Il termine microbirrificio si adatta splendidamente a questa realtà, con piccole produzioni di grandi birre.

    Negli anni le produzioni si sono evolute, lasciando spazio a birre più complesse, una cantina ricca di esperimenti e novità legate al territorio.

    Ma sono le prime birre tutt’ora le più famose! Chi non conosce la loro Latte piu’?! Considerata da molti come una delle migliori Blanche italiane!

    Ed è proprio la Latte Più (recentemente rinominata Latex Più per motivi legali) la base della nostra scelta…..

    Bloody Mario, ovvero un upgrade della Blanche sopra citata.

    Questa Fruit beer è ottenuta dalla maturazione della birra Latte Più con ciliegie del territorio piacentino, che le donano un’aroma fruttato ed una moderata acidità.

    Una produzione tutta made in Italy che valorizza il territorio e che dona alla già ottima base un quid in più, elevandola ad una bevuta davvero eccellente!

    Ma perchè proprio questa scelta? Continuate a leggere….!

    Il piatto e l’abbinamento

    Abbiamo di fronte una torta che, come gran parte delle creazioni della pasticeria statunitense, non è leggerissima.

    L’utilizzo di ingredienti come mascarpone, panna e formaggio spalmabile la rendono estremamente golosa ma anche abbastanza pesante. Vi assicuriamo che una fetta vi sazierà!

    Per questo avevamo bisogno di una birra che aiutasse a mangiare questa torta, senza aumentare il livello di zuccheri in essa già ben presenti.

    La Bloody Mario di Retorto riteniamo essere perfetta, dato che con la sua moderata acidità contrasta la dolcezza della Red Velvet Cake, richiamando le note acidule dei lamponi utilizzati a guarnire (ma attenzione, non sono solo utilizzati per bellezza!).

    La bevuta asciuga la bocca e la ripulisce dai “grassi” bocconi della torta, invitandone i successivi.

    Per finire, non possiamo che menzionare il colore: questo rosso acceso si sposa deliziosamente con il colore della Red Velvet. D’altronde, anche l’occhio vuole la sua parte!

    Di seguito trovate la ricetta!

    La ricetta

    Difficoltà: Media

    Dosi per 6 persone

    Ingredienti:

    Per i dischi (dosi per 4 stampi da 20cm):

    250 gr di farina 00
    1/2 cucchiaino di sale
    100 gr di burro
    300 gr di zucchero
    2 uova
    120 gr di yogurt bianco
    120 ml di latte
    2 fiale di colorante alimentare rosso in gel
    1 cucchiaino di bicarbonato
    2 cucchiaini di aceto

    Per la farcitura e la copertura:

    250 gr di formaggio Philadelphia
    250 gr di mascarpone
    100 gr di zucchero a velo vanigliato
    400 ml di panna per dolci
    100 gr di lamponi

    Procedimento:

    In una terrina mescolate la farina setacciata assieme ad un pizzico di sale e mettetela da parte.

    In un’altra terrina mescolate il latte assieme allo yogurt bianco e alle fiale di colorante alimentare.

    In un’ampia ciotola mettete il burro (lasciato ammorbidirsi fuori dal frigo) tagliato a tocchetti con lo zucchero. Lavorate il burro e lo zucchero fino a renderlo un composto leggero e spumoso.

    Aggiungete le uova, una alla volta, amalgamandole bene al composto, fino ad ottenere una crema liscia e omogenea. Aggiungete poco alla volta, in maniera alternata, la farina e il composto rosso alla crema di burro preparato in precedenza.

    In una tazzina unire l’aceto con il bicarbonato e lasciate che quest’ultimo inizi a sciogliersi. Incorporate quindi rapidamente all’impasto della torta e lavorate velocemente.

    Dividete l’impasto uniformemente in 4 tortiere (se le avete, oppure a turno), livellate il più possibile e infornate. Cuocete in forno preriscaldato a 180°C per circa 10 minuti.

    Fate raffreddare le basi, quindi capovolgetele facendo attenzione a non romperle. L’ideale è preparare le basi della torta la sera prima (o qualche ora prima) e poi assemblarla successivamente. Cercate di tagliare le basi della stessa grandezza ed altezza (la cottura potrebbe alterare le dimensioni), conservando gli scarti, li utilizzerete per decorare.

    Prepariamo ora la farcia della Red Velvet. In una terrina lavorate il Philadelphia ed il mascarpone assieme allo zucchero a velo, fino ad ottenere una crema liscia. Incorporate quindi la panna, precedentemente montata, e mescolate delicatamente fino a quando la glassa sarà liscia e omogenea.

    Assembliamo ora la Red Velvet. Posizionate una delle basi della torta su un piatto di portata e stendeteci sopra uno strato di glassa. Posizionate un altro strato di torta sopra la glassa e continuate ad alternare uno strato di torta e uno di crema. Una volta posizionato l’ultimo strato della torta, esercitate una leggera pressione affinché la farcia si , distribuisca in maniera omogenea.

    Lasciate riposare la Red Velvet in frigo per almeno 2 ore, poi decoratela aggiungendo lamponi, la panna montata, gli scarti della base tenuti da parte o ciò che preferite, a vostro piacimento!

    Lasciate che gli USA imbandiscano la vostra stanza con la Red Velvet Cake, che l’eccellenza birraia piacentina vi tolga la sete con la Bloody Mario di Retorto e che l’amore vi faccia vivere una stupenda serata!

    Buon San Valentino!

  • La magia del Natale a tavola: arista di maiale con pecorino e pere ed un abbinamento dal cuore belga…

    Qual è una tra le più belle magie che accade a Natale?

    Per noi, è l’occasione per sederci a tavola con le persone più care e goderci un pranzo in famiglia, dopo mesi di impegni e frenesia.

    Siete alla ricerca di una ricetta dell’ultimo minuto? The Luppolo Explorer ha la soluzione!

    Vi presentiamo la ricetta creata per la collaborazione con “Cantina della Birra”: arista di maiale con pere e pecorino!

    Non troppo complessa, che chiunque può fare a casa, perfetta per il periodo natalizio ed invernale.

    Ovviamente, abbiamo l’abbinamento birroso… ma dovete continuare a leggere l’articolo per scoprirlo!

    Alla fine troverete una piacevole sorpresa….

    La storia

    L’origine dell’arista è un misto tra storia e leggenda. Il termine “arista” sembra risalire al XV secolo, più nello specifico al 1439, anno del Concilio di Firenze.

    Pare che durante il noto appuntamento storico per appianare le divergenze tra Chiesa d’Oriente e d’Occidente, fu indetto un banchetto, tra le altre pietanze, a base di arista di maiale.

    Sembra che il gradimento fu così elevato che gli ecclesiastici invitati iniziarono a dire “Aristà, Aristà” che significa: “che bontà!”. Da qui prende il nome prezioso taglio suino.

    La birra

    Il birrificio Abbaye des Rocs nasce in un piccolo villaggio ricco di vegetazione, Audregnies, in Belgio, autentico polmone verde situato in una regione un tempo popolata da industrie fiorenti. La produzione di birra cominciò nel 1979 con una capacità di produzione di 50 litri ogni due settimane. Dal 1987 al 1993 il birrificio si trasforma prima in una società cooperativa, in seguito in una società per azioni, acquistando nuove attrezzature, depositando i marchi di fabbrica e dal 1996 viene costruito un nuovo stabilimento ed una nuova sala per il brassaggio che gli permette una produzione di 50 hl per bacino.

    Tutte le birre sono prodotte con acqua proveniente da un pozzo dal sottosuolo roccioso. Malto, fiori di luppolo e spezie sono naturali, senza aggiunta di zucchero e additivi chimici.

    Una bellissima realtà belga, autentica e frutto di una grande passione!

    La creazione che abbiamo scelto è L’Abbaye des Rocs Noel, la loro birra stagionale perfetta per il periodo natalizio!

    È una Belgian Strong Ale dal colore marrone scuro, con schiuma color nocciola, ricca, persistente e cremosa. Al naso si percepiscono gli aromi fruttati, di malto tostato, con sfumature di caramello e zucchero candito. Al primo sorso spiccano la frutta matura e la frutta secca, insieme a scorza d’arancia, liquirizia, cioccolato e note speziate date da zenzero, cannella e coriandolo. Le note luppolate sono percepite molto delicatamente nel finale.

    Il piatto e l’abbinamento

    La carne succulenta, resa morbidissima dal grasso del guanciale utilizzato per avvolgerla, necessita di una bevuta importante.

    Abbiamo scelto una Belgian Strong Ale proprio per accompagnare un insieme di gusti forte e deciso: si sposa deliziosamente con il pecorino semi-stagionato essendo molto saporito, la dolcezza delle pere viene accentuata dalle note dolci della birra, senza essere troppo stomachevole.

    Per dare una spinta in più a questo sposalizio, abbiamo creato una riduzione al miele e birra. Ricoprire l’arista con questa salsa dolce la rende davvero perfetta!

    Di seguito trovate la ricetta!

    La ricetta

    Difficoltà: Media

    Dosi per 4 persone

    Ingredienti:

    Per l’arista:

    500 g di arista disossata
    2 pere mature
    Pecorino toscano semi stagionato
    200 g di guanciale
    Vino bianco
    Olio extravergine d’oliva
    Sale
    Pepe nero macinato
    Rosmarino

    Per la riduzione:

    200ml di birra
    50ml di miele

    Procedimento per l’arista:

    Massaggiate l’arista con il sale, il pepe nero e delle erbe aromatiche a vostro piacimento (noi abbiamo usato il rosmarino). Se il tempo ve lo permette, lasciate riposare l’arista con le spezie per qualche ora, in modo che la carne si insaporisca per bene. 

    Stendete le fette di guanciale, poneteci sopra qualche fetta di pera sbucciata e tagliata sottile e qualche fetta/scaglia di pecorino.

    Mettete l’arista sopra al guanciale e ripetete la sequenza, aggiungendo altre fette di pera e pecorino anche sopra l’arista.

    Richiudete le fette di guanciale a coprire tutti i lati dell’arista e finite di coprirla con il resto del guanciale. Legate l’arista con lo spago da macellaio per assicurare bene il guanciale e renderla compatta.

    Coprite d’olio il fondo di una pentola/padella e scaldatelo a fuoco medio. Quando l’olio è caldo fate cuocere l’arista su ogni lato finché il guanciale non è ben dorato. Girate l’arista con attenzione, in modo da non bucare la carne evitando che fuoriescano i succhi che servono a mantenerla tenera e saporita.

    Quando l’arista è dorata su ogni lato, versate il vino bianco e fatelo sfumare, coprite con un coperchio e fatela cuocere per circa 20 minuti a fuoco medio.

    Una volta cotta, fate riposare l’arista per almeno 15 minuti nella pentola prima di affettarla.

    Procedimento per la riduzione:

    Versate la birra all’interno di un pentolino (possibilmente antiaderente) dalle pareti alte per non fare fuoriuscire il contenuto.

    Unite il miele (in alternativa potete usare il glucosio) ed accendete la fiamma a fuoco basso. Mantenendola bassa, lasciate cuocere il composto fin quando non si sarà ridotto della metà e la consistenza sarà abbastanza densa. Spegnete la fiamma, fate raffreddare per pochi minuti e ponetelo in una coppetta di porcellana o terracotta.

    Se volete provare questo abbinamento anche voi, visitate lo shop Cantina della Birra ed utilizzate il nostro codice sconto speciale per il vostro carico birroso natalizio, riceverete un codice sconto del 10%!

    theluppoloexplorer10

    Buon appetito e buone feste dal team di The Luppolo Explorer!

  • L’incontro tra la cucina di Venezia e la birra…

    Abbiamo deciso di dedicare un articolo alla nostra amatissima terra, alla città più bella al mondo, capitale di uno degli imperi storicamente più gloriosi e longevi, patria di alcune prelibatezze culinarie tra le più conosciute ed apprezzate in tutto il mondo:

    VENEZIA

    Cosa c’entra Venezia, capoluogo della regione del Veneto e patria internazionale del buon vino, con la nostra amata birra?

    Abbiamo voluto rendere omaggio ai piatti della nostra cultura, affiancandoli a delle produzioni birrarie del nostro birrificio locale BAV – Birrificio Artigianale Veneziano.

    Saremo stati all’altezza di tale arduo compito? Non vi resta che scoprirlo!

    Le produzioni di BAV – Venice in Pattern Edition

    Il birrificio

    Il Birrificio Artigianale Veneziano (più comunemente chiamato BAV) nasce nel 2012, da un gruppo di amici ed appassionati con l’intento di creare delle ottime birre artigianali con carattere e con un’identità.

    Il nome però non è soltanto una formalità: questo birrificio infatti si chiama “Veneziano” proprio perché seppur di giovane età, risulta essere il più importante e più strutturato birrificio della provincia, tra i pochissimi presenti.

    Due sono le linee di birra da loro prodotte: una linea classica (principale) e una linea stagionale. Nel nostro caso però non abbiamo scelto né una né l’altra, seppur validissime, preferendo una Limited Edition molto speciale e legata maggiormente al territorio veneziano: Venice in Pattern.

    Si tratta di tre birre in edizione limitata, “vestite” da una grafica tutta nuova ed originale grazie al progetto “Venice in Pattern” (clicca per maggiori info) in cui si racconta la storia ed il significato di alcuni simboli architettonici di Venezia.

    L’amore condiviso per Venezia fa incontrare BAV e Venice in Pattern nel 2019.
    Nasce così la collaborazione con l’intento di promuovere l’isola, attraverso il Palazzo Veneziano, simbolo della città che come la birra va esplorato in tutte le sue sfumature.
    Si parte dalla Porta ad acqua, elemento che connette la città alla dimensione privata, si passa poi alla Polifora, finestra dotata di un numero indefinito di luci e affaccio principale del Palazzo sulla città. Infine il Coronamento, l’attacco al cielo del Palazzo Veneziano, vero e proprio skyline della città.

    Tre nuovissime birre affiancate da tre elementi iconici della città più bella del mondo, a cui abbiamo deciso di abbinare tre piatti storici della cultura veneziana sottoforma di “cicchetti”.

    I cicchetti sono degli stuzzichini gustosi e veloci da mangiare, consumati nei secoli scorsi dai pescatori di rientro dal mare.
    Negli ultimi decenni a Venezia il cicchetto è diventato un must, addirittura una moda! Ad esso viene abbinata “un’ombra de vin”, ossia un bicchierino di vino. Questo nome sembra derivi dall’antica abitudine dei mercanti di piazzare i banchi all’ombra del campanile di San Marco per evitare che il vino si scaldasse!
    Sono molti i bacari (osterie) dove è possibile trovare il cicchetto che varia a seconda del prezzo, del locale e del periodo dell’anno. Oggi vi mostreremo i più comuni oltre che i nostri preferiti! Affiancati, ovviamente, da delle “ombre de bira” molto speciali….

    Per saperne di più continuate a leggere il nostro articolo!


    Pane e sopressa – Dry Hopped Pilsner

    Pane e Sopressa – Dry Hopped Pilsner
    Il piatto:

    La Sopressa è un salume tipico della tradizione culinaria veneta. Per l’impasto si utilizza carne di maiale: spalla, prosciutto, capocollo ed il lardo. Si macina a grana media, si condisce con pepe, sale ed altre spezie (in alcuni casi anche l’aglio). Dopo averlo insaccato nel budello del bovino, lo si lega e si mette ad asciugare ed a maturare per circa 5 giorni, anche se in cantina la stagionatura può durare per alcuni mesi.

    Da anni “Pane e sopressa” è un must nelle cicchetterie veneziane, piatto autentico della nostra terra data la diffusione fin dai secoli scorsi dell’allevamento dei maiali nelle tenute contadine del territorio. Un piatto semplice e veloce, che riempie lo stomaco ed invita la bevuta. Per questo abbiamo bisogno di una birra che…. scenda bene!

    Pane e Sopressa – Dry Hopped Pilsner
    La birra:

    Per questo abbinamento abbiamo scelto una pils leggera e beverina, ricetta classica ma con l’aggiunta in dry hopping di luppoli da tutto il mondo: America, Germania e Nuova Zelanda. Insieme creano un aroma fresco ed estivo, senza eccedere particolarmente nell’amaro. Una birra da bevuta perfetta per ripulire la bocca dalla sopressa, molto sapida e grassa in bocca. Un test d’abbinamento difficile da interrompere!

    A sinistra un esempio di porta d’acqua a Venezia (Foto di Desy Boato) – A destra la grafica di “Venice in Pattern”
    La grafica: LA PORTA D’ACQUA

    Le porte d’acqua a Venezia erano nei secoli scorsi le principali entrate di case e palazzi. Si trovano lungo i canali della città per permettere il rientro in casa ai proprietari o per far entrare le merci necessarie al sostentamento. Data la loro importanza, le porte d’acqua erano fondamentali e venivano chiuse e mantenute in ottima efficienza.

    A Venezia infatti, se le strade sono i canali e le automobili sono le barche, le porte principali dei palazzi sono proprio le porte d’acqua…..


    Baccalà con polenta – Hoppy Blanche

    Baccalà con polenta – Hoppy Blanche

    Il piatto

    L’origine del baccalà ha una storia antichissima ed arriva da molto lontano!

    Nel 1432 il patrizio veneziano Pietro Querini, partì al comando della Querina, vascello mercantile veneziano, da Creta con destinazione le Fiandre.

    Dopo un lungo viaggio la Querina arrivò allo Stretto di Gibilterra dove una violenta tempesta la distrusse lasciandola in balia del mare e dei venti per ben 3 mesi. Parte dell’equipaggio riuscì, con una scialuppa, a mettersi in salvo arrivando all’arcipelago norvegese delle Lofoten, dove furono soccorsi da alcuni pescatori dell’isola di Rost.

    Querini, incantato da quelle terre e dall’ospitalità dei norvegesi, rimase particolarmente colpito dal pesce simbolo della Norvegia: lo stoccafisso.

    Qualche mese dopo il patrizio Querini ripartì per Venezia portando con sé 60 stoccafissi essiccati ed all’arrivo a Venezia il pesce venne subito apprezzato dai veneziani per la sua bontà e per la sua lunga durata, utile nei lunghi viaggi in mare dove la conservazione del cibo era un notevole problema.

    A distanza di più di mezzo secolo il baccalà resta uno dei piatti tipici della tradizione veneta (in particolare quella veneziana e vicentina) e lo stoccafisso continua ad essere importato dalla lontana Norvegia. La cucina veneta prevede 3 preparazioni: in “tocio” (col sugo di pomodoro), alla vicentina o mantecato. Quest’ultimo è stato la nostra scelta!

    Il baccalà mantecato viene cotto e ridotto in crema con abbondante olio, prezzemolo e aglio. Posto sopra un crostino di pane o molto più spesso sopra un pezzo di polenta abbrustolita, è probabilmente il cicchetto per eccellenza della cucina veneziana, immancabile in ogni osteria o locale!

    Baccalà con polenta – Hoppy Blanche

    La birra

    Fresca, beverina e con un finale speziato. Per questo abbinamento abbiamo scelto la Hoppy Blanche, prodotta con buccia e succo di arance fresche siciliane biologiche e profumatissima grazie al Nelson Sauvin, luppolo neozelandese, fruttato e dolce.

    Si presenta chiara e con un corpo speziato (degno dello stile blanche), ad accompagnarsi perfettamente con il gusto forte e deciso del baccalà.

    Una lotta di gusto e sapori decisi tra questa birra ed il baccalà che ha come vincitore il luppolo. Un perfetto rimedio contro la sete e un reintegratore per il corpo… e per lo spirito!

    A sinistra un esempio di polifora a Venezia (Foto di Desy Boato) – A destra la grafica di “Venice in Pattern”

    La grafica: LA POLIFORA

    La polifora è una finestra tipica dei grandi palazzi veneziani.

    Si presenta come una multipla apertura posta in corrispondenza dei saloni principali, divisa da collonnine e/o pilastri di numero variabile in base alla grandezza (pentafora con 5 aperture, esafora con 6 aperture, ecc..).

    Diffusi nelle cattedrali gotiche del Nord Europa (vedi ad esempio Notre-Dame du Sablon a Bruxelles), non a caso furono riprese nelle architetture veneziane, probabilmente viste da qualche viaggiatore della Serenissima in uno dei suoi viaggi esplorativi…


    Sarde in saor – India Pale Ale

    Sarde in saor – India Pale Ale

    Il piatto

    Le Sarde in saor sono uno di quei piatti poveri diventato con il tempo il simbolo della cucina veneziana. Le prime notizie di questa ricetta si hanno nel lontano 1300 e sembra che il piatto sia nato proprio dall’esigenza dei marinai veneziani di conservare il pesce durante le lunghe traversate in mare. In mancanza al tempo di frigoriferi, le cipolle e l’aceto permettevano di mantenere per diversi giorni il pesce commestibile. Anticamente si usavano anche molte spezie, come garofano, cannella, pepe e coriandolo. Questo piatto è tradizionalmente cucinato per la festa del Redentore, che cade la terza domenica di luglio.

    Preparate come da ricetta antica con uvetta e pinoli, vengono solitamente accompagnate da un ottimo bicchiere di vino bianco. Noi però lo sapete, questa volta vogliamo qualcos’altro nel bicchiere..!

    Sarde in saor – India Pale Ale

    La birra

    Con un piatto così sostanzioso come le Sarde in saor, abbiamo bisogno di contrastare la sapidità delle sarde, la dolcezza dell’uvetta e l’acidità della cipolla. Per questo abbiamo scelto una IPA amara e profumata, ma con note che ricordano la frutta tropicale ed una morbidezza al palato marcata, che la avvicinano ad una spremuta di frutta.

    Una nota amara in bocca che contrasta i gusti molto diversi e forti che troviamo nel piatto e stimola l’appetito, con un amaro non troppo intenso che risulterebbe coprente e alla lunga stancante. Le note tropicali fanno il resto, invitando la bevuta nelle calde sere d’estate…. come quella del Redentore!

    A sinistra un esempio di coronamento a Venezia (Foto di Desy Boato) – A destra la grafica di “Venice in Pattern”

    La grafica: IL CORONAMENTO

    Sulla parte alta degli edifici veneziani, anche detto “attacco al cielo”, troviamo il coronamento a chiude metaforicamente la facciata, elevandola, dandole grazia e slanciandola verso l’alto.

    Il coronamento chiude e conclude con stile l’opera: nel caso di Venezia si conclude un edificio, nel nostro caso si conclude una fantastica degustazione!

    Pane e Sopressa – Baccalà con polenta – Sarde in saor

    Abbiamo cercato con questeo articolo di rendere onore alla nostra amata terra ed in particolare alla nostra amatissima Venezia.

    Ringraziamo per la collaborazione birraria BAV che con le sue ottime birre ci ha accompagnato in questo viaggio culinario e “Venice in pattern” che ci ha fatto conoscere particolari architettonici di Venezia che non conoscevamo!

    Se vi è piaciuto questo articolo e vorreste vedere degli abbinamenti con le specialità del vostro territorio, contattateci tramite il form Contatti, commentando questo articolo o tramite la nostra pagina Instagram The Luppolo Explorer.

    Saremo felici di collaborare con voi, trovare il birrificio giusto e creare un articolo che esalti le specialità e la storia della vostra città… con le birre giuste al proprio fianco ovviamente!

  • Alette di pollo piccanti con salsa guacamole: ci pensa To Øl a rinfrescare gli animi!

    Un’esplosione di sapori per il nostro primo abbinamento salato.

    La croccantezza delle alette di pollo piccanti incontrano il sapore deciso della salsa guacamole.

    Serviva una birra che rinfrescasse il palato ed ovviamente l’abbiamo trovata… made in To Øl!

    La storia

    Le storia che vi accenniamo riguarda entrambi gli elementi di questa ricetta: le alette di pollo e la salsa guacamole.

    Le alette di pollo, soprannominate “Buffalo Wings” sono una famosa ricetta made in USA, originaria della città di Buffalo, New York. 

    Generalmente vengono fritte e servite ricoperte di una salsa di burro e peperoncino di Cayenna, che le rende più o meno piccanti in base alle versioni. La nostra è una rivisitazione molto ampia della ricetta, visto che della ricetta originale abbiamo mantenuto soltanto… le alette!

    La salsa guacamole è la più famosa salsa di origine messicana, nata addirittura ai tempi degli Aztechi!

    L’ingrediente principale è l’avocado, il quale viene schiacciato e reso una poltiglia, a cui viene aggiunto il succo di limone, il pomodoro a pezzetti e la cipolla, grande protagonista di questa salsa.

    L’insieme degli ingredienti ha come risultato una salsa rinfrescante ma con un gusto deciso.

    Vediamo quindi il connubio di queste due interessanti preparazioni…. non prima di conoscere la birra che abbiamo selezionato!

    La birra

    To Øl Garden of Eden Juicy IPA

    Se parliamo del birrificio To Øl, stiamo parlando probabilmente di una delle realtà brassicole mondiali più attive e moderne.

    Questo beer firm nasce a Copenaghen nel non troppo lontano 2010, dalla mente di Tobias Emil Jensen e Tore Gynther, due grandi appassionati di birra stanchi della staticità e anzianità delle birre centenarie danesi.

    Dopo anni di homebrewing, con l’aiuto di Mikkel Borg Bjergs, il loro professore di matematica e fisica nonché ideatore qualche anno dopo del colosso Mikkeller, danno vita a questo beer firm pioniere del movimento gipsy brewing in Europa.

    Si tratta di una scelta produttiva: il beer firm non diventa a tutti gli effetti un birrificio, ma si sposta presso gli altri birrifici per produrre le proprie birre.

    Oltre il fatto di non dover investire su di un birrificio fisico, con un investimento notevole in macchinari ed attrezzature, si ha il vantaggio di avere una vasta libertà di scelta su come, dove e quando produrre.

    In questo modo To Øl ha creato negli anni grandi collaborazioni in giro per il mondo, quali ad esempio con Mikkeller, Siren, Dieu du Ciel, Prairie Artisan, Omnipollo, Toccalmatto, De Molen e moltissimi altri ancora.

    Ad inizio 2020 ha aperto To Øl City, una nuova realtà appena fuori Copenhagen. 

    D’ora in poi hanno a disposizione un vero e proprio birrificio dove produrre le ricette più famose ideate negli anni e di sperimentare sempre più.

    Una delle caratteristiche che amiamo di più di questi ragazzi danesi è la voglia di applicare tecniche e tecnologie moderne ai metodi più tradizionali, tramite l’utilizzo anche di ingredienti particolari e meno abituali.

    Con centinaia di eccezionali birre diverse prodotte ogni anno (!), consideriamo To Øl uno dei migliori birrifici mondiali!

    La nostra scelta di oggi è ricaduta sulla “Social Revolution by Beer”, una West Coast IPA da 5% prodotta da To Øl in collaborazione con “People Like Us”, un birrificio danese improntato sul sociale, gestito da gruppi di persone marginalizzate e discriminate, il quale organizza il “People Like Us Festival” ogni anno e per il quale è stata prodotta questa birra.

    La caratteristica di questa birra, che troviamo solitamente in questo stile, è il massiccio utilizzo di luppoli americani, nella fattispecie Simcoe e Centennial utilizzati in dry-hopping.

    Otteniamo pertanto una birra notevolmente luppolata, a tratti resinosa, che pulisce bene il palato e lascia in bocca un piacevole finale amaro ed aromatico.

    Perché abbiamo scelto questa birra per l’abbinamento? Continuate a leggere!

    Il piatto e l’abbinamento

    Siamo finalmente a tavola ed abbiamo di fronte le alette piccanti appena uscite dal forno, con una bella panatura croccante.
    Seppur non siano unte (a differenza della versione fritta), hanno due principali caratteristiche: sono piccanti ed inevitabilmente “ingrassano” la bocca!

    Per aiutare a combattere questi due piacevoli “danni collaterali”, la salsa e la birra fanno squadra.

    La salsa guacamole con la freschezza dell’avocado smorza la piccantezza delle alette, rinfrescando la bocca ed il palato. Attenzione a non esagerare però: la salsa non è leggerissima e potrebbe riempirvi lo stomaco facilmente!

    A finire il lavoro, la nostra West Coast IPA, che con la sua massiccia luppolatura pulisce definitivamente il palato e disseta. Non riportando un grado elevato (appena 5%) e avendo una notevole bevibilità, la bevuta è quasi d’obbligo! 

    Fortunatamente To Øl ci ha visto lungo, proponendola nel formato da 50cl. Se fosse stata da 1 litro non ci saremmo per niente lamentati!

    Le alette sono sicuramente un piatto divertente e gustoso da proporre, soprattutto per feste con gli amici e parenti o se avete voglia di cibo fast food ma homemade, molto più salutare ma non per questo meno gustoso.

    La salsa, preparata da noi per la prima volta, ha un gusto particolare e potrebbe non incontrare i gusti di tutti. Fortunatamente le alette si sposano bene con molte salse che proveremo sicuramente nelle prossime occasioni!

    In merito alla birra non abbiamo altro da dire, To Øl  è una garanzia e se non lo conoscete correte ad acquistare qualche creazione nel loro shop! https://toolbeer.dk/collections/beer

    Di seguito trovate la ricetta!

    La ricetta

    Difficoltà: Media

    Dosi per 4 persone

    Ingredienti:

    Per le alette:

    • 6 ali di pollo
    • 2 uova
    • 1 limone
    • pangrattato
    • 1 ciuffo di prezzemolo
    • paprika
    • peperoncino

    Per la salsa guacamole:

    • succo di limone
    • 1 avocado maturo
    • 1 pomodoro
    • 1 cipolla
    • 1 cucchiaio di olio
    1. Insaporite le alette di pollo con una spolverata di sale. Rompete le uova in una ciotola, aggiungete un pizzico di sale, una buccia di limone grattugiata ed il succo di mezzo limone. Sbattete per bene con una forchetta.
    1. Per la panatura piccante, aggiungete al pangrattato il peperoncino e la paprika piccante. Per una versione meno piccante, al posto della paprika piccante potete usare quella dolce. Aggiungete al pangrattato anche del prezzemolo tritato finemente e mescolate per bene con le mani.
    1. Affondate l’aletta di pollo nella ciotola con l’uovo, passatela nel pangrattato piccante e mettetela in una teglia da forno ricoperta con della carta forno. Ripetete l’operazione con tutte le alette. Per una panatura ancora più croccante (come nel nostro caso), fate una doppia panatura seguendo la sequenza: uovo-panatura-uovo-panatura. Prima di infornare, versate sopra le alette di pollo impanate un goccio d’olio.           
    2. Mettete quindi a cuocere in forno ventilato a 180° per circa 40 minuti. Nel frattempo, preparate la salsa guacamole tagliando l’avocado maturo a metà e, utilizzando un cucchiaio, togliete la polpa e mettetela in una ciotola avendo cura di schiacciarla con una forchetta (o con un frullatore ad immersione).
    1. Aggiungete la cipolla tagliata a pezzetti, il pomodoro anch’esso tagliato a pezzetti avendo cura di togliere l’acqua e i semi. Aggiungete anche il succo di limone, l’olio ed un pizzico di sale. Mescolate per bene e mettetela in una ciotolina che servirete insieme alle alette. 

    Fonte: https://www.fattoincasadabenedetta.it   

  • Mousse al cocco & Cocobanger: Il lato esotico dell’Estonia

    Il frutto esotico per eccellenza, che riporta subito alla mente palme altissime su una spiaggia bianca tropicale.

    Un Imperial Stout prodotta in Estonia, piena di gusto e notevolmente alcolica che scalda il cuore!

    Gli opposti si incontrano…

    La storia

    Il cocco è uno dei frutti più diffusi e famosi di tutto il mondo, utilizzato per centinaia di preparazioni e scopi diversi fin dall’antichità.

    Originario delle zone tropicali dell’arcipelago indonesiano, si diffuse nell’antichità in tutta l’area del Pacifico, con numerose varietà che si differenziano per colore, grandezza e forma del frutto.

    Alcune fonti attribuiscono a Marco Polo le prime parole scritte in merito al cocco, egli diceva: “gustoso, dolce come lo zucchero, e bianco come il latte, capace sia di nutrire che di dissetare”.

    Di certo furono portoghesi e spagnoli che, incontrando il cocco mentre conquistavano le coste occidentali dell’America, decisero di coltivarlo ed importarlo in Europa.

    Si producono da esso estratti impiegati in cosmesi, per la produzione di bevande e soprattutto in cucina: la farina, il burro, l’olio vegetale e molto altro ancora.

    Il cocco inoltre è considerato un alimento benefico soprattutto per il suo contenuto di sali minerali, un’importante fonte di potassio, magnesio, rame, fosforo, zinco e ferro, oltre a contenere zuccheri naturali, fibre ed alcune vitamine.

    Insomma, una vera e propria bomba!

    In pasticceria, viene spesso utilizzato come succedaneo del burro, essendo più salutare e genuino.

    Vediamo come lo abbiamo impiegato nella nostra mousse….. non prima di scoprire la birra prescelta!

    La birra

    Abbiamo deciso di dare risalto ad un birrificio eccezionale, che ha fatto delle stout, imperial stout, porter e birre barrel aged i suoi cavalli di battaglia, posizionandosi tra i migliori 100 birrifici al mondo (fonte “Ratebeer”).

    Avete capito di chi stiamo parlando? Põhjala Brewery!

    Nato a Tallin, in Estonia, è il più grande birrificio degli stati baltici (il suo nome significa “regno settentrionale”) ed il pioniere della scena brassicola estone e più in generale baltica.

    Partiti nel 2011 come beer firm, nel 2014 ingaggiano il birraio scozzese ex Brewdog, Chris Pilkington ed il successo non tarda ad arrivare.

    La qualità delle birre prodotte è eccezionale, grazie anche all’utilizzo in produzione di ingredienti “insoliti” e ricercati che gli hanno permesso di distinguersi in maniera egregia dalla massa di birrifici più tradizionalisti, grazie anche a grandi collaborazioni con birrifici mondiali come Lervig, To Øl, Stillwater, Cigar City, Uiltje e molti altri ancora. 

    La grafica originale ed inconfondibile, ormai è il loro marchio di fabbrica ed il riconoscimento globale di un birrificio tra i migliori al mondo.

    Avevamo l’imbarazzo della scelta per trovare una produzione di Põhjala che meritasse un abbinamento: la nostra (difficile) scelta è ricaduta su “Cocobanger”.

    Imperial stout prodotta con caffè Caturra dell Costa Rica e ovviamente, il già citato ed osannato cocco.

    Di un nero impenetrabile, la schiuma color nocciola svanisce molto velocemente (neanche il tempo di fotografarla!).

    Al naso le note tostate del caffè assieme a quelle del cocco tostato sono ben presenti, con una notevole presenza della nota alcolica (stiamo pur sempre degustando una birra da 12,5%!).

    In bocca vengono confermati i sentori di caffè e cocco, in secondo luogo arrivano note di cacao e liquirizia. 

    Il finale è molto deciso, la nota alcolica riempie la bocca e la bevuta, ma il cocco rimane il padrone senza essere stancante. 

    Ricordiamo che il cocco in questa birra non è aggiunto utilizzando aromi artificiali ma naturalmente, attraverso la tostatura effettuata direttamente dai ragazzi di Pohjala!

    Il dolce e l’abbinamento

    Quale se non un bel dolce fresco ed estivo come una mousse potrebbe sposarsi bene con questo frutto così rinfrescante?


    Per questo abbiamo ideato una mousse con cocco e cioccolato bianco, su di una pasta frolla al cioccolato fondente con cuore di gelato al caffè.

    Abbiamo cercato di riunire in un unico dolce i principali sapori che ritroviamo poi nella nostra birra.

    La mousse al cioccolato bianco e cocco è cremosa e quest’ultimo, anche in questo caso come nella birra, fa da padrone e protagonista.

    Al taglio, l’interno di gelato al caffè diventa un tutt’uno con la mousse, donando un piacevole contrasto alla dolcezza.

    Per finire, dopo così tanta morbidezza, troviamo il biscotto al cacao amaro a contrastare con una nota solida e croccante.

    Nel complesso, il dolce è un piacevole modo per finire un pasto con un tocco zuccherato e rinfrescante.

    Come si abbina con la nostra birra “Cocobanger”?

    Ovviamente l’abbinamento principale è il cocco, ben presente in entrambi gli elementi.

    Ma non è l’unico ingrediente a sposarsi bene.…

    I sentori di tostatura e caffè si ritrovano nel cuore-gelato della mousse, in maniera più delicata.

    Il contrasto finale viene dato dal biscotto al cacao amaro, che aiuta con la sua nota forte e decisa.

    Seppur la Cocobanger non sia una birra leggera e rinfrescante, ma complessa, da degustazione, trova una piacevole complicità con questa mousse.

    Non consigliamo l’abbinamento in una calda giornata estiva soltanto per il notevole grado alcolico della Põhjala…. ma in una fresca serata di primavera è perfetto!

    Può un elemento comune, il cocco, unire due elementi così diversi tra loro?

    Lasciamo a voi l’ardua sentenza!

    Di seguito trovate la ricetta!

    La ricetta

    Difficoltà: Media

    Dosi per 6 mousse 

    Ingredienti:

    Per la pasta frolla:

    • 1 uovo medio
    • 125g di zucchero
    • 210g farina 00
    • 40g cacao in polvere
    • 250g burro
    • scorza di limone

    Per il ripieno:

    • gelato al caffè q.b.

    Per la mousse:

    • 100 gr. Farina di cocco
    • 250 ml Panna fresca fredda
    • 500 ml Latte 
    • 50 gr. Cioccolato bianco 
    • 40 gr. Zucchero
    • 20 gr. Burro 
    • 6 gr. Gelatina
    1. Mettere a congelare all’interno di stampi di silicone (o quelli utilizzati per i cubetti di ghiaccio) del gelato al caffè fino a riempimento completo.
    2. Preparare la pasta frolla, avvolgere l’impasto in una pellicola e lasciare riposare per 20 minuti in frigo. 
    3. Stendere su di un piano la pasta frolla raffreddata e cominciare a creare delle forme rotonde (abbiamo utilizzato una tazzina) spesse dai 3 ai 5 mm.
      Queste saranno la base per le nostre mousse, quindi dovranno essere della grandezza esatta. Mettete in forno per 15/20 minuti circa a 180 gradi.           
    4. Mettere a bagno la gelatina nell’acqua fredda. 
    5. Nel frattempo in una pentola versare la farina di cocco con lo zucchero ed il latte e mescolate per 12/13 minuti in modo da idratare la noce di cocco. 
    6. Aggiungere il burro e rimettere la pentola sul fuoco per altri 12 minuti fino a che non raggiunge l’ebollizione. 
    7. Togliere la pentola dal fuoco ed aggiungere il cioccolato bianco e la gelatina dopo averla strizzata. 
    8. Mescolare il composto fino ad amalgamare il tutto e lasciarlo raffreddare in una ciotola.
    9. Nel frattempo semimontare la panna ed aggiungerla pian piano al composto di cocco preparato poco prima. 
    10. Prendere lo stampo in silicone e riempirlo con il composto appena preparato, il gelato al caffè da inserire all’interno come ripieno, livellare il tutto e applicare il piano di pasta frolla sopra.

    Lasciare riposare in freezer per 4 ore.                                                                                               

  • Tiramisù & Tiramisù: Omonimi nel nome e nel gusto!

    Il dolce più iconico di tutta Italia, conosciuto in tutto il mondo, rivisitato in centinaia di modi, incontra il suo omonimo birraio: non sarà solo il nome ad accomunarli! 

    La storia

    La parola “Tiramisù” è la quinta parola della cucina italiana più conosciuta nel mondo. Soltanto questo basta per farvi pensare alla grandezza e fama che questo dolce ha raggiunto negli anni, fin dalla sua antica nascita.

    Molte sono le città che negli anni hanno rivendicato la nascita di questa leggenda, ma in realtà soltanto una può fregiarsi di questo merito: Treviso, in Veneto.

    Siamo tra il 700 e l’800 e l’origine è a dir poco particolare! 

    La storia narra che una “maitresse” (detta anche “siora”) di una casa del piacere nel centro di Treviso ideò questo dolce per tirare su i suoi clienti dopo avere trascorso una serata di piacere in una delle sue stanze con qualche sua donzella.

    Prima che i clienti rientrassero a casa dalle proprie mogli, per prepararli ai “doveri coniugali”, ella gli preparava questo dolce accompagnato dalla frase “desso ve tiro su mi!” (tradotto: adesso vi tiro su io!).

    Possiamo pertanto considerarlo il viagra naturale dell’800!

    A supporto di questa storia leggendaria sono gli ingredienti che lo compongono, molto nutrienti e ipocalorici: uova, zucchero, savoiardi, mascarpone, caffè e cacao. Una vera bomba di calorie ed energia!

    Più recentemente invece, a metà degli anni ‘60, il Tiramisù iniziò la conquista del mondo grazie al locale trevigiano “Le Beccherie”, che decise di inserire nel suo menù questo dolce tipico. 

    Facendo un percorso inverso, partendo da una ricetta casalinga si ottenne un capolavoro culinario servito in tantissimi ristoranti, caffè, pasticcerie e locali nel mondo.

    Che dire…. un successo mondiale!

    Il dolce

    Il gusto inconfondibile del Tiramisù è conosciuto da tutti, i sapori più marcati che troviamo in questo dolce sono il caffè, il cacao ed ovviamente la nota zuccherata molto presente.

    In bocca il dolce si presenta molto cremoso, grazie all’utilizzo del mascarpone, ma non stopposo per merito del caffè in cui vengono inzuppati i savoiardi.

    La nota dolce che è molto presente viene in parte smorzata sia dal caffè stesso, che da l cacao con cui viene spolverato in cima, a donare oltre che una nota amara anche una notevole eleganza in presentazione.

    Mentre la ricetta del tiramisù originale è sacra (seppur rivisitata spesso negli anni), la forma in cui viene presentato varia a discrezione del pasticcere che lo prepara.

    La forma più usuale è quella rettangolare, influenzata anche dalla forma dei savoiardi, ma si può presentare anche in forma tonda, a piramide, nel bicchiere o in coppe.

    Noi abbiamo optato per quest’ultima soluzione, creando delle mono porzioni abbondanti ed eleganti da presentare!

    La birra e l’abbinamento

    Dobbiamo essere sinceri, questa volta non abbiamo faticato a trovare l’abbinamento perfetto…. perché era proprio di fronte ai nostri occhi!

    “Tiramisù” di Birrificio Lambrate è un Imperial Pastry Stout dalla bellezza di 11,5%, prodotta con zucchero muscovado, lattosio, cacao, caffé e aroma di vaniglia.

    Beh, avete capito che il nome non è un caso…!

    Le pastry stout sono delle Imperial Stout a cui vengono aggiunti ingredienti che ricordano prodotti dolci “già pronti”: marshmallow, cookies, sciroppo d’acero, snack dolci, merendine, ecc…

    Seppur la critica birraia più tradizionalista giudica e snobba questo stile moderno, sta impazzando soprattutto negli Stati Uniti e nel Nord Europa.

    Nei paesi di cultura birraia più tradizionalista faticano a prendere piede anche se alcuni birrifici, come Lambrate per l’appunto, hanno deciso di puntare anche su questo stile.

    Per chi non lo conoscesse (rimediate subito!), il Birrificio Lambrate è un pezzo di storia della birra in Italia. 

    Nato nel 1996, agli albori della cultura birraia in Italia, per prima hanno guardato alla scuola tedesca, evolvendosi e prendendendo spunto alla cultura anglosassone e per finire ispirandosi alla moderna cultura statunitense.

    Oggi sono diventati un vero punto di riferimento in Italia, con molte collaborazioni anche con colossi birrai nel mondo, tra cui Stone, Mahr’s Brau e Ølkymisten.


    La collaborazione con quest’ultimo birrificio Norvegese ha dato vita per l’appunto alla Tiramisù.

    La loro scelta è ricaduta l’utilizzo di un Imperial Stout dal corpo pieno, con l’aggiunta di alcuni ingredienti originali del dessert storico come il cacao ed il caffè, utilizzato in infusione a freddo. Con l’aggiunta di ingredienti famigliari, come il lattosio, lo zucchero muscovado e l’aroma di vaniglia, hanno ottenuto una bevuta d’insieme che ricorda in maniera eccezionale il dolce a cui si sono ispirati.

    L’utilizzo poi degli 11 malti scuri e caramellati, hanno permesso di creare un vero e proprio tiramisù liquido, come da loro descritto….

    Una bella porzione di Tiramisù fatto in casa e questa birra speciale sono un degno modo non solo per terminare il pasto, ma per avere una vera esperienza culinaria.

    La bevuta è piacevole ed esalta, se possibile, la già esplosività di questo dolce semplicemente perfetto.

    Dicono  che gli opposti si attraggono, in questo caso… gli omonimi si amano!

    Provatelo voi stessi!

    Di seguito trovate la ricetta!

    La ricetta

    Difficoltà: Facile

    Dosi per 6/8 persone

    Ingredienti:

    • 1/2 chilo Mascarpone
    • 4 tuorli uovo
    • 300 gr. zucchero
    • 400 gr. panna fresca
    • 16 savoiardi
    • 1 bicchiere caffè zuccherato
    • q.b. cacao amaro
    1. In una boule montate insieme i tuorli e lo zucchero, iniziate quindi ad incorporare gradualmente il mascarpone fino ad ottenere un composto omogeneo.                                               
    2. In un’altra ciotola montate la panna fresca e una volta terminato, aggiungetela al composto preparato in precedenza.       
    1. Preparate il caffè e zuccheratelo a vostro piacimento, lasciandolo intiepidire per qualche minuto. Attenzione: non esagerate con lo zucchero per non rendere troppo dolce il tiramisù!
    1. In un bicchiere (o altro contenitore a vostra scelta), iniziate ad inserire, in serie: crema al mascarpone, savoiardo bagnato nel caffè (lasciato intiepidire) e così via, fino a riempire il bicchiere.                                                                                                                       

    Spolverate quindi con il cacao amaro e lasciate riposare in frigo per circa 2 ore.